Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), all’art. 166, comma 1, lett. b), riprende quanto già previsto dall’art. 67 della vecchia legge fallimentare, in tema di revocabilità dei pagamenti effettuati con mezzi “anormali” durante il periodo sospetto prima della liquidazione giudiziale.
Il legislatore non ha introdotto novità rilevanti rispetto al passato, ma si è limitato a sostituire i termini, mantenendo intatto il contenuto normativo, la norma non specifica con esattezza quali siano i mezzi di pagamento “anormali”, lasciando alla giurisprudenza il compito di definirli.
L’art. 166 prevede che sono revocabili i pagamenti di debiti scaduti se effettuati con mezzi diversi dal denaro o da strumenti equiparati (es. assegni bancari/circolari), entro l’anno precedente la domanda di liquidazione, la ratio della norma è che il ricorso a mezzi non ordinari evidenzia una situazione di crisi del debitore, nota o presumibilmente nota anche al creditore.
Il creditore può evitare la revocatoria: dimostrando l’ignoranza dello stato di insolvenza, oppure che il pagamento è stato fatto secondo i termini d’uso stabiliti nella pratica commerciale tra le parti, Secondo la Cassazione (es. sent. 27939/2020 e successive), rientrano nei termini d’uso anche i pagamenti non conformi al contratto, ma eseguiti secondo una prassi consolidata tra le parti.
In sintesi, il CCII ha confermato l’impostazione della vecchia legge fallimentare, lasciando alla giurisprudenza il compito di stabilire, caso per caso, cosa costituisca un pagamento anormale e quali condizioni giustifichino la sua opponibilità alla massa dei creditori.