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Il concordato minore tra inammissibilità e omologazione: quando è possibile il ricorso per cassazione

Il concordato minore rappresenta uno degli strumenti previsti dal Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza per consentire al debitore in situazione di sovraindebitamento di raggiungere un accordo con i creditori, superando la crisi attraverso una ristrutturazione concordata dei debiti.
Il procedimento si articola in diverse fasi: dalla presentazione della proposta, alla verifica della sua ammissibilità, fino all'eventuale omologazione da parte del giudice, previo coinvolgimento dei creditori e dell'Organismo di Composizione della Crisi.
Il decreto con cui il giudice dichiara inammissibile la proposta di concordato minore non ha natura decisoria.
Questa qualificazione giuridica deriva da una considerazione fondamentale: tale provvedimento non decide su diritti contrapposti tra le parti del procedimento. Esso si limita a verificare se sussistano i presupposti formali e sostanziali per l'accesso alla procedura, senza entrare nel merito dei rapporti giuridici tra debitore e creditori.
In ragione di questa natura non decisoria, il decreto di inammissibilità non è ricorribile in Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. La norma costituzionale, infatti, garantisce il ricorso per cassazione contro le decisioni pronunciate su diritti soggettivi, categoria nella quale non rientra il provvedimento che nega l'ingresso nella procedura concorsuale.
Si tratta di un provvedimento che, pur incidendo sulla posizione del debitore, conserva carattere valutativo e preliminare, privo di quella forza decisoria che giustifica l'accesso al giudizio di legittimità.
 
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